Matrimoni, a rischio 50 mila operatori
Matrimoni più che dimezzati, fatturati crollati del 90%, forti rischi per 50 mila operatori della filiera: il Covid si è abbattuto come un ciclone sulla wedding industry italiana che abbraccia 80 diverse attività, dal catering alle dimore storiche, dai viaggi di nozze ai fiori, dai fotografi alle agenzie di eventi.
Il bilancio del 2020 è pesante, con i ricavi del settore crollati da 15 miliardi di euro a meno di due miliardi, e anche la prima metà del 2021 è compromessa dalle restrizioni legate alla pandemia.
L'Istat ha certificato che nei primi dieci mesi dell'anno scorso i matrimoni religiosi e civili sono passati da 170mila a 85mila, con la totale cancellazione di quelli stranieri, spesso a più alto budget e grande indotto e la celebrazione in forma ridotta degli altri; in alcuni casi, addirittura, la festa di nozze è stata rinviata alla fase post-Covid. Per sollecitare l'attenzione del Governo su un settore così variegato e per questo difficile da definire, le associazioni Federmep (che raccoglie professionisti e piccole imprese) e Assoeventi-Confindustria hanno organizzato per oggi una conferenza stampa in Senato, alla Turismo, Massimo Garavaglia. Il tema sul tavolo sarà quello dei ristori, in vista del nuovo decreto che dovrà fissare categorie e criteri. Finora gran parte degli operatori della wedding industry secondo le associazioni ha ricevuto poco o nulla. «A questo punto servono due cose - spiega Serena Ranieri, presidente di Federmep - prima di tutto un riconoscimento del nostro settore che è atipico, e per questo stiamo proponendo a ciascuna Regione di approvare una legge che gli attribuisca dignità; e poi serve subito un fondo per sostenere aziende e professionisti del comparto che sono 50 mila e che, se continua così, rischiano di fallire>>
I lavoratori impiegati nel wedding sono 300 mila secondo Federmep e salgono a 6oo mila secondo Assoeventi che considera anche quelli del più ampio comparto quale è atteso anche il ministro del eventi. «Siamo l'unico settore che non può svolgere la propria attività per decreto, perché noi di mestiere organizziamo assembramenti e gli assembramenti in questa fase sono vietati - spiega Stefano Gabbrielli, vicepresidente di Assoeventi -.
Dunque dobbiamo far capire che abbiamo bisogno di aiuto, e che l'aiuto servirà anche quando potremo riaprire i battenti perché un evento si programma in media otto mesi prima, non è come un cinema che tira su Il bandone e riparte».
Al Governo il settore chiederà dunque anche impegni per il futuro, oltre che la definizione di protocolli sanitari "sostenibili" per gli eventi che dovessero ripartire. «Mentre possiamo pensare di fare Tamponi per un evento aziendale - conclude Ranieri non possiamo immaginare di farli agli invitati di un matrimonio. Qui piuttosto si possono organizzare controlli sul rispetto delle regole. E la speranza è anche di inserire nelle pieghe del Recovery Plan due o tre misure utili al settore come la valorizzazione delle dimore storiche o la promozione del destination wedding.